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Newsletter | Real Estate; Debt Finance 08/10/2024
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Newsletter | Real Estate; Debt Finance 08/10/2024

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 3 ottobre 2024 n. 160, si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’articolo 7, terzo comma, della legge del 28 febbraio 1985 n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive) e dell’articolo 31, terzo comma, primo e secondo periodo, del D.P.R. del 6 giugno 2001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), ai sensi dei quali se il responsabile di un abuso edilizio non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nei termini prescritti dall'ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune.

La questione verteva sulla necessità di preservare il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.

La sentenza 160/2024 della Corte Costituzionale costituisce indubbiamente un tassello importante nella protezione dei diritti dei creditori ipotecari e offre la soluzione a una questione controversa da tempo. La Corte Costituzionale, infatti, ha stabilito che il sacrificio imposto al creditore ipotecario non responsabile dell'abuso edilizio, in caso di confisca dell’immobile, è irragionevole e sproporzionato. La confisca edilizia non deve comportare, pertanto, l’estinzione automatica del diritto di ipoteca.